La logica di Hollywood vuole che un film di successo abbia un sequel - ma se il film è un "bio-pic", una storia biografica, le cose si complicano. Così è per "Bohemian Rhapsody", una delle pellicole di maggior successo degli ultimi anni: lavorazione travagliata, regista cacciato a metà riprese, ma cifre da capogiro al manichino. Ma cosa si può ancora raccontare della vita di Freddie Mercury?
E' la domanda che viene regolarmente posta a persone che in un modo o nell'altro sono vicine ai Queen o sono state vicine a Freddie Mercury. E Peter Freestone è stato vicino davvero, al cantante: suo assistente personale e bodyguard dal '79 agli ultimi giorni (e consulente per la pellicola).
La tesi di Freestone contro un ""Bohemian Rhapsody II" è ineccepibile: "Qualunque cosa decidano di raccontare, dovrebbero mostrare 20 minuti o mezz'ora della morte di Freddie. Non credo che nessuno debba vedere una cosa del genere. Anche se sono passati 28 anni continuno a ricordarmi quei momenti. E mi chiedo chi avrebbe bisogno di vederli su un grande schermo”.
Continua Freestone:
È un film fantastico. Deve esserlo, per tutti i premi che ha vinto. Comprendo le lamentele di alcuni fan dei Queen perché alcuni elementi della sequenza temporale sono stati cambiati, ma non guardo il film come una storia dall'inizio alla fine. Io guardo ciascuna scena da sola e vedo la verità in ogni scena. È molto ricamato, ma c'è un elemento di verità in ogni scena.