Giulio Casale: dieci canzoni per conficcarsi in carne d’amore (2 / 4)

“Apritemi” - (“Dalla parte del torto”, 2012)


La produzione solista di Casale è parsimoniosa, e segue scadenze ben meditate. Nel frattempo c’è ancora altro teatro-canzone, il che, se da una parte lo fa un po’ allontanare dal circuito indie, dall’altro gli procura nuovi estimatori: vederlo contorcersi in “La canzone di Nanda”, dedicato a Fernanda Pivano, mentre canta e recita la beat generation, o in qualcuno degli spettacoli successivi come “Formidabili quegli anni”, è il disvelarsi di una pura forza artistica, che richiede allo spettatore amore, attenzione e cura. Ne sarà ben ripagato. “Dalla parte del torto” è forse il lavoro solista più centrato e compiuto di Casale, quello in cui recupera musicalmente, in termini di suoni disturbati e di arrangiamenti, qualcosa degli Estra, ma con un senso dell’interpretazione e della scrittura maturato dall’esperienza teatrale degli ultimi anni: molti i pezzi da segnalare, da “La mistificazione” a “Virus A” fino a “La febbre”, con quella palpitante coda céliniana. Eppure, dovendo prenderne una, non possiamo che scegliere “Apritemi”, ennesima canzone di disappartenenza che si muove inaspettatamente tra orgoglio dello stare fuori e desiderio di esserci. Un gioiello.

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