Bianco torna sulle scene con un disco che prova a prendere le distanza dalla scuola cantautorale romana, per rivendicare le sue origini e riportare in primo piano Torino: Torino della Fiat e della Panda, “Torino che è piccola di notte”.
Ne esce un disco denso e delicato, dove uno stile più classico si mescola con diverse contaminazioni musicali – il funk, la dark age, il punk – e la musica scalza le parole più spesso di quanto non fossimo abituati con Bianco, che in undici tracce racconta personaggi - Marco e “quella ragazza che non l’ha seguito su a Milano”; Roberto, “che con il casco non lo batte nessuno”; un barbagianni bianco che sa parlare -, malinconie - “Dove vanno a finire i pensieri di un uomo che si ritrova a mangiare da solo” -, crisi – “le crisi servono a pensare, la soluzione è camminare” –, battaglie con la propria identità – “Mi piacerebbe esistere ma non tutti i giorni”.