Tricky - la recensione di "ununiform"

“Non ho più nulla da provare, non mi sento a disagio a rifarmi al mio stesso repertorio”, ha detto Tricky spiegando lo spirito di “ununiform”. Ma a parte alcune canzoni come “When we die” con Martina Toply-Bird e “The only way”, il suo tredicesimo non è all’altezza dei capolavori anni ’90.

Per trovare un pezzo forte, qualcosa che ti faccia dire “Ecco, questo sì che è Tricky” bisogna arrivare all’ottava canzone. S’intitola “The only way” e l’artista, esagerando, l’ha definita la nuova “Hell is round the corner”. Ma il passato è passato e quest’album, il tredicesimo dell’inglese, non somiglia per niente a “Maxinquaye”. Passa per essere il disco della pace ritrovata, con Tricky che racconta il suo “viaggio verso la felicità” ora che vive a Berlino, fa una vita sana e serena, si sveglia alle 9 e va a dormire alle 23. Forse non s’addice a un musicista nato per raccontare l’altro lato dell’esistenza, quello buio. Fatto sta che a “ununiform” manca la tensione che animava le prove migliori di Tricky.

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