"Potrà essere uno spazzino, o un milionario"
Probabilmente quello che ha fotografato John Bonham meglio di tutti è stato uno che non solo non lavorava nel settore musicale, ma che nemmeno l'ha mai visto suonare: la frase riportata qui sopra, ci raccontano i suoi biografi, fu elaborata dal preside della scuola media di quello che sarebbe stato il futuro batterista dei Led Zeppelin.
Genio e sregolatezza sono lussi che soltanto pochissimi si sono potuti permettere con le bacchette in mano - forse solo lui e Keith Moon - eppure, nel caso di John Bonham molto di più che in quello del collega di Townshend e Daltrey, l'eccezionale talento, la classe sconfinata, l'estro siderale e la capacità di innovare radicalmente quella che è una colonna del tipico sound rock moderno - la batteria - sono riusciti a oscurare tutto il resto.
In lui, come preconizzato dal direttore della sua scuola, sono riusciti a convivere per 32 anni uno dei geni più grandi ma apparsi sullo sgabello di una batteria e una pervicace volontà di annullarlo. Piuttosto che scadere nella frusta retorica dell'autodistruzione legata al talento, forse conviene pensare che doveva andare così, e mettersi il cuore in pace. In occasione del 39esimo anniversario della sua scomparsa, vi proponiamo una carrellata di opinioni su di lui espresse, negli anni, da gente che l'ha conosciuto o che - in ogni caso - sa cosa significa dare il ritmo ad alcune delle più grandi band del pianeta. Perché che Bonzo fosse il più grande di tutti non è affatto un luogo comune. Buona lettura...