A Massimo Bonelli, titolare di iCompany, società che con Ruvido Produzioni da tre anni organizza il concerto del Primo Maggio di piazza San Giovanni, a Roma, apparire piace poco: più che per mezzo di stunt mediatici, lui - musicista e produttore, classe 1974 - vorrebbe che a far parlare del concertone fossero i fatti. "Quest'anno siamo stati a tanto così da avere i Depeche Mode", ci racconta lui poco prima delle finali di 1MNext, il concorso riservato agli emergenti collegato al Primo Maggio capitolino che nelle prossime ore laureerà i tre nomi che saliranno sul palco della maratona live: "Ci abbiamo provato tanto, loro sono anche venuti a Roma a parlare con noi, ma purtroppo non siamo riusciti a combinare, nonostante avessimo i contratti già pronti". Bonelli, però, non si perde d'animo, nonostante i budget, che non sono più quelli dei concertoni che ospitavano Iron Maiden, Blur e Radiohead: "La nostra linea per i prossimi anni resterà questa, cioè quella di avere nomi di altissimo profilo. Perché artisti come i Depeche Mode o gli Editors [loro sì assicurati nel cast, ndr] - oltre a impreziosire lo show - rappresentano anche un segnale".
L'anno zero del concertone l'avevano segnato Elio e le Storie Tese con la loro "Il complesso del Primo Maggio": militanza d'ordinanza, figure istituzionali e tanto revival. "Sì, il Primo Maggio aveva bisogno di rifarsi il look", ammette Bonelli: "Quando lo frequentavo da spettatore, negli anni Novanta, il concerto di piazza San Giovanni era una finestra sul rock internazionale e su ciò che di nuovo il panorama nazionale stava offrendo. Poi negli anni questo aspetto si è un po' perso, ed è subentrato un filone più vicino al revival. Quest'anno - riguardo gli italiani - abbiamo voluto portare sul palco del concerto un'istantanea del panorama attuale".
"Ho vissuto in prima persona gli anni Novanta, quando dai 99 Posse agli Afterhours, passando da La Crus, Casino Royale e Ritmo Tribale, si stava vivendo un periodo di grande fermento", prosegue Bonelli: "C'erano artisti che dal basso stavano cambiando le cose e creando una scena, e oggi sta succendendo più o meno la stessa cosa. Nomi come Brunori Sas, Ex Otago, Motta, Thegiornalisti, stanno creando questo tipo di fenomeno anticipando il sistema mediatico. E lo stesso stanno facendo Meta, Gabbani e Moro [tutti e tre nel cast dell'edizione 2017, ndr]: non nascono dai talent, non sono pompati dai media. Hanno tutti una storia, è una gavetta che sfocia nel mainstream: c'è ancora una forza nella musica italiana che prescinde dai meccanismi promozionali, e questo secondo me è un buon segnale".
Un buon segnale che devrebbero sfruttare anche gli emergenti, che proprio grazie a 1MNext potranno confrontarsi con la platea di piazza San Giovanni: "Il livello dei giovani è buono, ma il colpo di fulmine non l'ho ancora trovato", ammette Bonelli. "Spero che arrivi. Ancora non mi soddisfa la visibilità che ha il concorso, ma stiamo crescendo. L'idea è quella di essere l'avanguardia, scovando delle realtà potenzialmente vicenti alle quali dare visibilità. E' un sogno che vivo con passione, e nel quale credo molto: sennò il concertone diventerebbe un live come tutti gli altri".
Da produttore con un passato da musicista (con gli Alibia), che consiglio darebbe Bonelli alle tante realtà emergenti che ogni anni sottopongono i loro lavori agli organizzatori del concertone nella speranza di un passaggio sul palco di piazza San Giovanni? "Quello che manca è il coraggio di essere diversi, unici. C'è sempre l'idea di doversi connotare a tutti i costi, di incanalarsi in una corrente 'accettata' dal pubblico. Manca la voglia di sperimentare ed essere sé stessi, anche in modo selvaggio. Ed è un peccato, perché credo che oggi ci sia tanto spazio per emergere. E' un bel momento, questo, per la musica italiana: bisogna solo saperlo sfruttare al meglio".