Chiedete a chiunque di musica ci viva quanto sarebbe più bello, il mondo, se di Mick Ronson ce ne fossero stati - e, soprattutto, ce ne fossero ancora - dieci, cento o mille. Lui, che agli occhi del pubblico era un chitarrista o al massimo un produttore, senza troppi clamori, da dietro le quinte, ha tramutato in oro più o meno tutto quello che ha toccato, da David Bowie a Lou Reed passando per John Mellencamp, e folgorando "l'odiato" (scorrendo queste pagine capirete perché) Bob Dylan, che non è il tipo da prendersi sbandate un tanto al chilo. E non si dica che sia facile fare bene quando la materia prima la fornisce gente come il Thin White Duke o il deus ex machina dei Velvet Underground: Ronson ha avuto il talento e il carattere di mettere dei grandissimi artisti sulla via giusta, ridimensionando il loro ego facendo valere solo il suo talento tra le quattro mura delle sale di ripresa, dove il flash dei fotografi e il clamore mediatico non arrivano.
A 27 anni dalla sua scomparsa, Rockol ricorda Mick Ronson passando il rassegna le dieci tappe fondamentali della sua carriera, raccontando con chi e come quel giardiniere comunale di Hull ha scritto - con una classe defilata che andrebbe insegnata nelle scuole, specialmente in tempi di talent - alcune delle pagine più folgoranti della storia del rock. Buona lettura! (continua)