Deadmau5 - la recensione di "W:/2016ALBUM/"

Che venga messo agli atti: nessuno tocchi i divertissement. Quando, nel '94, Beck - appena una settimana prima di dare alle stampe per la Geffen "Mellow Gold", il disco che l'avrebbe consacrato - pubblicò per una piccola etichetta indipendente californiana (la Flipside) quel collage tra noise, lo-fi e antipop che risponde al nome di "Stereopathetic Soulmanure" i più lo considerarono un pazzo. Una frangia indulgente - che a posteriori risultò la più lungimirante - capì: un artista che abbia davvero qualcosa da dire può indossare anche due maschere, una più presentabile e decodificabile davanti a una platea major e una più scomposta e criptica a beneficio del pubblico di nicchia, risultando in entrambi i casi convincente. Poi passano più di vent'anni, e Deadmau5...

Di album anche dignitosi ma fatti svogliatamente la storia della musica è piena, ma - di solito - la manciata di canzoni racimolata alla bell’e meglio la si pubblica quando si vuole risolvere un contratto discografico, non quando si manda al diavolo l'establishment discografico per presentarsi al pubblico nel modo più genuino possibile. E' un disco sbagliato nel posto sbagliato, "W:/2016ALBUM/", più che un brutto album.

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