Nuovo disco dei Metallica: bravi, ma basta? Anche no...

Ovvero: “Disposable Heroes” – lasciamo che i Metallica facciano un nuovo disco senza tirare in ballo troppe pantomime… come Springsteen, gli U2, Neil Young, gli Stones, gli Iron Maiden, gli Slayer e tutti gli altri
Metallica: 35 anni di vita, 10 album in studio a proprio nome (il primo uscito 33 anni fa), una fama mondiale che trascende i confini del thrash metal – ossia la culla in cui hanno preso forma, hanno mosso i primi passi e sono divenuti una band di culto, per poi entrare nell’arena del rock (qualcuno direbbe ruock) tout court. Insomma, gente che di strada ne ha fatta, sui palchi di tutto il mondo. E che si prepara a pubblicare un nuovo album il prossimo novembre, come ampiamente riportato dalla stampa, musicale e non, di tutto il mondo.
Pausa di riflessione.
Nulla, vero? C’è poco da dire o da pensare.
Abbiamo – e per fortuna, direi – in gran parte superato la fase del “che palle, non saranno mai più grandi come una volta”. È una liberazione, soprattutto per chi li ha tanto amati all’apice della loro carriera, ma anche nella fase iniziale (come il sottoscritto, che li ha mollati dopo il “Black Album” e non se n’è pentito, pur continuando a considerarli una band fondamentale nella storia del metal)… il motivo è semplice: questi tre signori (non me ne voglia l’ottimo Trujillo, che per quanto musicista eccezionale, è arrivato dopo rispetto a Hetfield, Ulrich e Hammett) hanno una certa età, hanno dato tantissimo e non è possibile pensare, realisticamente, che un artista over 50 e di grande successo anche commerciale possa tenere testa – creativamente e fisicamente – al proprio passato, soprattutto se costruito su una solida base di rabbia giovanile, ribellione, aggressività e potenza muscolare.
Non ci si aspettano, del resto, cose simili dagli sportivi – le cui carriere si chiudono per sopraggiunti limiti di età ben prima, con sbocchi più che dignitosi nel campo dell’allenamento/coaching, del commento sportivo o della semplice imprenditoria (ristorazione, industria manifatturiera, commercio…). Per cui non vedo come mai la medesima regola non sia universalmente applicabile anche ai musicisti. Anzi, lo è di fatto e in particolare per certi generi.
Le vette di “Master of Puppets” sono lontane? Anche quelle di “Nebraska”.
Il rock duro è per giovani? Vero, allora ditelo anche agli Iron.
Lars Ulrich sembra il prozio forever young dall’ego ipertrofico che sgomma (con la Duster presa a rate) davanti al bar del paesello? Anche Bono.
Non fanno un disco davvero esaltante da 25 anni? Gli Stones non lo fanno da 30 abbondanti.
Insomma: facciamo che accettiamo lo status di una band/artista e come tale lo sopportiamo (o supportiamo, ma non è necessaria l’adesione a questo secondo step) senza troppa dietrologia e confronti col passato. Perché sappiamo tutti *benissimo* che i monumenti epici scolpiti a 20-25 anni non possono essere replicati quando si ha il più del doppio di quell’età – soprattutto in un ambito come quello metal e rock estremo, in cui l’esuberanza giovanile ha un peso specifico molto maggiore che in altre situazioni.
I Metallica non sono più quelli della golden age e da molto. Sono in regime di mantenimento. Fanno, come gli altri big del music system, dischi per suonare dal vivo – dove ripropongono scalette/karaoke che fanno molto felici tutti (compresi quelli come me, che non acquistano i loro dischi da 25 anni). Insomma, lasciamoli lavorare. Nessuno ci obbliga a comprare o ascoltare la loro musica nuova e possiamo rifugiarci nei vecchi album se lo desideriamo. Soprattutto, non aspettiamoci il miracolo. Così è, se vi pare. Ma, repetita juvant, lasciamoli esistere. Sono in buona (cattiva) compagnia e non sono i peggiori. E il pezzo nuovo, “Hardwired”, non è neppure fra le cose peggiori che han sfornato negli ultimi 20 anni, suvvia…
[a.v.]