Quella volta che David Gilmour entrò in un ristorante in moto

Arizona, un posto qualunque, una città qualunque, perché in Arizona tutte le città si assomigliano.

Roger Waters e David Gilmour stanno scherzando tra di loro. Siamo nella fase in cui i Pink Floyd si divertono ancora, siamo negli anni Settanta, i demoni di "The Wall" sono lontani da venire, gli spettri della separazione distanti anni luce.

Waters sta sfottendo Gilmour.

“Secondo me non sei un vero uomo”.

“Ah, e lo saresti tu?”, risponde Gilmour.

“Lascia perdere, stiamo parlando di te. Tu non sei un vero uomo, lo so”.

“E come fai a saperlo?”

Waters attende un attimo prima di parlare, poi piazza l’affondo.

“Vedi quel ristorante laggiù?”

“Sì, lo vedo”.

“Quello pieno di gente che non riesci nemmeno a entrare”.

“Ti ho detto che lo vedo”.

Waters lo sfida. “Scommetto che non hai il coraggio di entrare con la moto nel ristorante. Passando dalla vetrina”.

Altra pausa ad effetto. Poi Waters aggiunge: “Se lo fai, ti do un pacco di soldi”.

Altra pausa ad effetto. “Ma non lo farai. Non sei un vero uomo”.

David Gilmour sale sulla sua Harley Davidson, la accende e punta alla vetrina. la sfascia, provocando urla e terrore. Scende.

Quando il proprietario del ristorante gli urla: “Ma cos’ha fatto?”, lui risponde tranquillo: “L’uomo”.

 

Questo aneddoto è tratto da “Rock Bazar”, un libro di Massimo Cotto edito da Vololibero Edizioni e Virgin Radio, che raccoglie 575 racconti tratti dall’omonima trasmissione radiofonica che narra storie vere e leggende, eccessi e follie delle rockstar.

 

 

 

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