Anche i Foals contro Spotify: 'Invece del conto ci paga solo la mancia'

Favorevoli e contrari. Nei confronti di Spotify e, più in generale, dei servizi di streaming, gli artisti si dividono ormai in due fazioni contrapposte. Sul primo versante - solo per restare alle dichiarazioni più recenti - i Metallica e i Pink Floyd, per bocca rispettivamente di Lars Ulrich e di Nick Mason. Sul secondo Thom Yorke, Steve Lukather, David Byrne e ora anche i Foals, il gruppo di Oxford il cui frontman Yannis Philippakis ha definito "un insulto" le royalty pagate dalla piattaforma svedese e dai suoi concorrenti.
"E' un po' come andare al ristorante e lasciare qualche spicciolo di mancia invece di pagare il conto", ha detto all'emittente Channel 4 il cantante di nazionalità greca. "Preferirei che qualcuno rubasse l'LP piuttosto che ascoltarselo su Spotify. Credo che si dovrebbe ascoltare la musica in vinile, e che qualsiasi cosa sia meglio di quello" ha aggiunto, riferendosi sempre alla piattaforma musicale creata da Daniel Ek. .
Music Week fa notare che gli album dei Foals, attualmente sotto contratto con Warner Music, sono ancora disponibili su Spotify e che nove brani dell'ultimo album "Holy fire" hanno accumulato complessivamente 22.282.762 ascolti sul sito. Sulla base delle tariffe pagate alle case discografiche dal servizio (0,005, 0,0075 o 0,015 dollari ad ascolto rispettivamente per l'opzione gratuita e le due opzioni a pagamento) il sito Music Ally ha calcolato che la casa discografica dovrebbe avere incassato da febbraio a oggi una cifra compresa tra 111 e 334 mila dollari circa.