
“Sono le leggi della domanda e dell'offerta a determinare il prezzo di un biglietto. Quello dei Rolling Stones è troppo alto? Se riempiranno il Meazza vuol dire che hanno ragione loro”. Anche Roberto De Luca, co-amministratore delegato di Clear Channel Entertainment Italia e organizzatore dell'unico concerto italiano della immarcescibile band inglese (il prossimo 10 giugno), interviene sul tema del caro-concerti sollevato dal presidente di Assomusica Roberto Meglioli (vedi News), e che già ha provocato vivaci reazioni tra i nostri lettori sull'onda delle dichiarazioni rilasciate a Rockol da Claudio Trotta (Barley Arts) e Adolfo Galli (Di & Gi, vedi News).
De Luca è – non sorprendentemente– sulla stessa lunghezza d'onda dei suoi colleghi/rivali, e taccia il presidente dell'associazione di “dichiarazioni demagogiche”. “E' il mercato” dice il promoter al telefono con Rockol – a dettare le regole. Gli Stones mancano a Milano da 30 anni, dunque la loro esibizione è un evento. E il prezzo dei concerti italiani oggi è finalmente adeguato agli standard internazionali: prima era a livelli ridicoli”. "Le nostre – continua il promoter milanese - sono aziende che svolgono un'attività a fine di lucro. Io ho 31 dipendenti da pagare e devo poter rientrare nei costi, oggi che tutto quel che sta attorno all'organizzazione di un concerto aumenta: dai salari dei facchini alle tariffe per le affissioni”.
Resta il dubbio di fondo, sollevato anche da Meglioli: non si rischia in questo modo di favorire lo spostamento progressivo del mercato del “live” verso un pubblico prevalentemente "maturo" e abbiente, tagliando fuori i più giovani e meno provvisti di disponibilità economiche? De Luca dissente: “Quando si riempie uno stadio vuol dire che si è raggiunto un pubblico trasversale, di tutte le età e di tutte le tasche”. Chi ha ragione? Ai box office del futuro l'ardua sentenza.
De Luca è – non sorprendentemente– sulla stessa lunghezza d'onda dei suoi colleghi/rivali, e taccia il presidente dell'associazione di “dichiarazioni demagogiche”. “E' il mercato” dice il promoter al telefono con Rockol – a dettare le regole. Gli Stones mancano a Milano da 30 anni, dunque la loro esibizione è un evento. E il prezzo dei concerti italiani oggi è finalmente adeguato agli standard internazionali: prima era a livelli ridicoli”. "Le nostre – continua il promoter milanese - sono aziende che svolgono un'attività a fine di lucro. Io ho 31 dipendenti da pagare e devo poter rientrare nei costi, oggi che tutto quel che sta attorno all'organizzazione di un concerto aumenta: dai salari dei facchini alle tariffe per le affissioni”.
Resta il dubbio di fondo, sollevato anche da Meglioli: non si rischia in questo modo di favorire lo spostamento progressivo del mercato del “live” verso un pubblico prevalentemente "maturo" e abbiente, tagliando fuori i più giovani e meno provvisti di disponibilità economiche? De Luca dissente: “Quando si riempie uno stadio vuol dire che si è raggiunto un pubblico trasversale, di tutte le età e di tutte le tasche”. Chi ha ragione? Ai box office del futuro l'ardua sentenza.
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