Se i Paesi scandinavi sono un laboratorio di quello che succederà sul mercato discografico mondiale tra qualche anno, lo streaming potrebbe davvero essere la nuova ancora di salvezza dell'industria musicale: in Norvegia, secondo i nuovi dati relativi al primo semestre di quest'anno diffusi dalla federazione internazionale dei discografici IFPI, l'ascolto di musica digitale online (in abbonamento, o su piattaforme gratuite pagate dalla pubblicità) vale già il 66 per cento del giro d'affari della discografia, a fronte del 45 per cento del 2012 e del 32 per cento del 2011.
Grazie a questo boom impetuoso, il fatturato globale dell'industria norvegese è cresciuto del 17 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso (da 40,51 a 47,28 milioni di dollari), riportando il mercato a una situazione che non si verificava dagli anni Novanta, quando a dominare il campo era il cd. Il gioco non è esattamente a somma zero, ma va sottolineato che alla crescita dello streaming corrisponde un calo drastico non solo dei supporti fisici (- 29 per cento, quota del 20 per cento del fatturato globale) ma anche dei download a pagamento (- 21 per cento, 14 per cento di .market share).
La Norvegia si sta dunque allineando alla Svezia, il Paese natale di Spotify, dove lo streaming assorbe già il 90 per cento dell'intero settore digitale e cannibalizza il giro d'affari di piattaforme come iTunes. Ma la domanda resta: sarà questo modello a prevalere ovunque?