Usa, aziende hi-tech e editori litigano sui costi della musica digitale
E' guerra aperta e senza esclusione di colpi, negli Stati Uniti, tra imprese hi-tech e industrie dei copyright. Le tensioni sono definitivamente esplose con la battaglia in corso sulle royalty pagate dalla Web radio Pandora: in un articolo pubblicato sul sito di Forbes, il leader della Consumer Electronics Association Gary Shapiro scrive che la società è costretta a versare metà dei suoi ricavi ai titolari dei diritti musicali e che il suo fondatore Tim Westergren è oggetto di una campagna diffamatoria da parte della Recording Industry Association of America.
La stessa RIAA, aggiunge Shapiro, ha costretto 30.000 giovani americani a patteggiare "devastanti accordi monetari extragiudiziali" con le case discografiche. "Quanti ragazzi, per questo motivo, hanno dovuto abbandonare il college?", si chiede Shapiro. "Quante le vite rovinate? Non lo sapremo mai, probabilmente, perché la RIAA ha insistito nel fargli firmare una clausola confidenziale che impedisce ai convenuti in giudizio di raccontare la loro storia. Ma quel che è peggio è che il Congresso ha seguito le indicazioni della RIAA aggiungendo costantemente risarcimenti di danni, estendendo i periodi di protezione dei copyright e facilitando i procedimenti giudiziari. Ne è valsa la pena?". "La realtà", sostiene il responsabile della ECA, "è che ci troviamo a fronteggiare un enorme e finanziariamente ben coperto esercito di lobbysti il cui solo scopo è convincere il Congresso che gli interessi di imprese 'di contenuti' sono più importanti di quelli degli artisti, dei musicisti, degli innovatori e della gente comune". .
Immediata la replica del presidente e ad dell'associazione di editori National Music Publishers' Association (NMPA), David Israelite, che ha parlato di "attacco agli autori": "La CEA sostiene che i suoi affiliati farebbero più soldi pagando meno gli autori di canzoni e i creatori di contenuti; la realtà è che questi ultimi e le società tecnologiche hanno bisogno gli uni degli altri. I membri della CEA realizzano molti prodotti innovativi e meravigliosi che senza musica non avrebbero alcuno scopo. E, badate bene, anche le società che aderiscono all'associazione credono nella proprietà intellettuale: chiedetegli dei loro marchi e dei loro brevetti". Israelite controbatte anche alle accuse di cospirazione della lobby musicale, ricordando che la stessa CEA in due anni ha raddoppiato il budget destinato ad attività di lobbying, da 1,9 a 2,83 milioni di dollari, "rendendo minuscola in proporzione la spesa della NMPA. La conclusione del signor Shapiro è che le leggi sui copyirght stanno danneggiando l'America. Niente di più lontano dalla verità".