Il ritorno di Slim Shady: l’anteprima di VH1

Insulti alla madre, travestimenti da Bin Laden e, come se non bastasse, una cortina di mistero da fare invidia alla CIA dei bei tempi: gli ingredienti per un ritorno in grande stile di Eminem, nei negozi americani da qualche giorno con la sua nuova fatica in studio intitolata “The Eminem show” (vedi news), c’erano tutti.
Ma il rischio che la rentrée discografica del white rapper deludesse molti dei fan conquistati da “The Marshall Mathers lp” era grosso, e molti detrattori di Em, nonostante le tracce dell’album fossero state sepolte sotto una spessa coltre di segretezza, erano già pronti a criticare l’ultimo frutto della premiata ditta Slim Shady / Dr Dre. Il redattore di VH1.com Shaheem Reid è stato uno dei primi ad ascoltare “The Eminem show”: il critico osserva come “le frustrazioni accumulate dal rapper negli ultimi 2 anni (dai tempi, cioè, di “The Marshall Mathers lp”) esplodano in tutta la loro violenza in questo nuovo disco”. Reid, di seguito, inizia ad analizzare alcune tracce dell’album, rendendosi conto di come la vis dissacratoria dell’autore di “My name is” non si sia affatto attenuata nel tempo. Il disco si apre con “White America”, sarcastica visione di come la sua appartenenza al ceppo etnico caucasico gli abbia spianato la strada in un ambito solitamente appannaggio degli Afro-Americani: “L’hip-hop non è mai stato un problema a Harlem: lo è semmai a Boston”, rima Em. Ma, a quanto pare, il “fenomeno Slim Shady” pare sia più profondo e complesso: versi come “Potrei essere uno dei vostri bambini”, riferisce Reid, “Il piccolo Erik mi somiglia terribilmente/Erica ama la mia m***a” ben sintetizzano la visione che i genitori statunitensi hanno di Eminem; il ventottenne rapper di Detroit è il figlio –cresciuto- che tante coppie middle class potrebbero (ma non vorrebbero) avere, e che, ora, sta influenzando le giovani generazioni. Un altro brano, “Business”, inizia con uno sketch vocale che vede impegnati Eminem e Dre in una parodia dei telefilm di Batman e Robin: i due si ripromettono di combattere l’avanzata di non precisati “rapper cattivi”, quando, in lontananza, si sente una voce femminile urlare “Marshallllllll”. “Must be a circus in town/We shuttin' this shit down on these clowns/Can I get a witness”, rima Em, che passa poi ad un argomento quanto mai caro ai rapper più intransigenti: le armi. In particolare, Reid riferisce come nel brano “The kiss” il white rapper faccia espliciti riferimenti a vicissitudini di cui Slim è stato protagonista in prima persona: nella canzone, infatti, Eminem sta seguendo in macchina, accompagnato da un amico, sua moglie. L’artista ha in tasca una pistola scarica. Il suo amico gli consiglia di non usarla, ma quando Em vede sua moglie parcheggiare l’autovettura e baciare un altro uomo perde il controllo ed inizia a minacciare la coppia. La memoria, ovviamente, corre al giugno di due anni fa, quando Slim venne denunciato per un episodio simile in tutto e per tutto a quello narrato nella canzone (vedi news). Musicalmente, scrive Reid, il disco risulta meno prodotto dei due album precedenti, avvicinandosi più a sonorità rock e funk che all’hip-hop di “Marshall Mathers lp”. Tuttavia, gli argomenti che occupano maggiormente l’ispirazione di Em paiono rimanere le tre donne che hanno influenzato maggiormente la sua vita: sua madre, la sua ex moglie e sua figlia. Dietro a tutta questa spacconeria, infatti, pare che Eminem, in questo disco, metta a nudo per la prima volta le sue vere insicurezze: nel brano “Hailie's song” (quasi una preghiera cantata dal rapper in maniera che Reid non esita a definire “confidenziale”) Em canta “When I see my baby I'm not crazy anymore”. Non una pistola, quindi, ma l’amore di sua figlia: che sia questo il vero balsamo per l’animo di Eminem? .