Live@Rockol, Amanda Palmer presenta 'Theatre is evil'. Guarda i video

"To rock the house", in inglese, rende meglio l'idea (anche per il doppio senso musicale). Ma siamo in Italia, e allora diciamo che durante la sua visita a Rockol Amanda Palmer ha fatto tremare pareti e pavimento, ha catturato l'attenzione, ha acceso un pomeriggio estivo afoso e un po' sonnolento. Non passa inosservata, questo è sicuro: arriva avvolta in un kimono argentato dal risvolto rosso fuoco, sotto il quale indossa una specie di sottoveste nera e autoreggenti. Si toglie le scarpe e accantona su una sedia l'amato ukulele per maltrattare una tastiera presa a nolo da un service locale. Un attimo di concentrazione ed esplode "Want it back", primo singolo dal nuovo album "Theatre is evil" di cui si è parlato già molto e non solo per i suoi contenuti musicali.
 




 


Ad attirare l'attenzione dei media è stata quella cifra record, un milione e duecentomila dollari, raccolta in un mese attraverso le pubbliche sottoscrizioni di Kickstarter. "Se me lo aspettavo? Sì, perché i miei fan li conosco bene. L'obiettivo annunciato, 100 mila dollari, era falso: devi fissare un numero e ho cercato di fare una stima prudente, di pormi un traguardo facile da raggiungere. Ma miravo più in alto, sono dodici anni che traffico con Internet e i social network e  so che cosa posso ottenere. Da questo punto di vista, anzi, le cose vanno sempre meglio".  



E' un do ut des: il fan finanzia i suoi progetti, e lei in cambio regala qualcosa di esclusivo. Anche un concerto nel giardino di casa, se è il caso.  "Saranno trentacinque, anzi di più, gli show privati che terrò per i fan. C'è un tipo nel mio team che si occupa proprio di questo. Ma faremo anche altro, e non c'è solo Kickstarter: mi devo occupare dell'organizzazione del tour vero e proprio, della distribuzione dei dischi in tutto il mondo, di molte altre cose... ... c'è davvero un sacco da fare".



Mentre parliamo, il video di "Want it back" ha appena cominciato a circolare in rete. Tempo pochi giorni, verrà censurato (anche da YouTube) per alcune scene di nudo integrale. Un'altra polemica, dopo quella che qualche anno fa fece seguito al clip di "Oasis", una canzone che trattava in modo spregiudicato il tema della violenza sessuale...Ferita dalle critiche? "Mi hanno intristito, mi è sembrata una cosa stupida. A me sembrava un modo brillante di trattare l'argomento e mi ha molto sorpresa che la gente non ne abbia capito il significato. C'era dello humour, applicato a un argomento su cui non si è autorizzati a fare dell'ironia. Tutto quel che è successo allora mi ha costretta a pensare a cose su cui non avevo mai riflettuto: quali temi sia giusto o sconveniente affrontare in una canzone, su cosa si può scherzare e su cosa non è consentito farlo. La mia conclusione è che nel campo dell'espressione artistica tutto deve essere consentito. L'arte, per me, è il luogo in cui si possono fare anche le cose pericolose. Non vedo altre possibilità. Perché nel momento in cui cominci a dettar regole su ciò che è consentito e ciò che è vietato, su cosa è pornografico e su cosa non lo è, ti cacci in guai seri. Bisogna essere liberi, anche fino alle estreme conseguenze: e certo 'Oasis', in un certo senso, era una canzone estrema".




"Want it back" è solo una faccia della medaglia e il nuovo disco, di cui Amanda Palmer ci ha fornito un'altra anticipazione ("Trout heart replica", evidente richiamo a Captain Beefheart: "Ma se ne accorgono solo i giornalisti over 40..."), contiene di tutto: ballate pianistiche, pezzi orchestrali, pop sintetico, rock chitarristico ("una novità, per me").




 




Un disco "beyond epic", più che epico, come l'ha definito lei stessa... "E' davvero una soddisfazione avere finalmente a disposizione una vera band, la Grand Theft Orchestra. Tre soli musicisti, ma poliedrici. Il bassista suona l'ukulele e arrangia gli archi,  il batterista suona la chitarra e programma i suoni al computer, Chad è il nostro chitarrista ma suona anche la tromba e il sintetizzatore. Ci sono molti ingredienti, condensati in un suono compatto che funziona bene anche dal vivo. In ogni data del tour contiamo anche di rubare sul posto qualche  musicista locale che sappia suonare uno strumento a fiato o ad arco: gente capace, a cui è sufficiente una  prova veloce durante il soundcheck. Ci abbiamo già provato, e i risultati finora sono stati eccellenti. Lo vedo anche come un modo per sostenere le comunità locali di musicisti".  E il "teatro", evocato dal titolo del nuovo disco?  "Questo tour  è diverso da quello di  'Who killed Amanda Palmer?', sul palco si penserà soprattutto alla musica. A fare scena, in qualche modo, ci penserà il pubblico. Per capire cosa voglio dire dovrai venire allo show...L'ambizione è di fare uno spettacolo diverso ogni sera, in funzione dell'apporto di chi verrà a vederci".



Il gusto della sorpresa è un ingrediente tipico del personaggio e del suo far musica: basti ricordare quel mini album di cover dei Radiohead suonato all'ukulele..  "Ah, quello nacque proprio per caso",  ride Amanda. "Ogni giorno mi viene un'idea nuova in testa, 99 su 100 rimangono nel cassetto. Ricordo che volevo imparare a suonare 'Creep', che poi proposi quasi per scherzo durante uno show per beneficenza. E il mio ragazzo di allora mi insegnò 'Fake plastic trees', un altro pezzo caratterizzato da una sequenza facile di accordi. All'improvviso mi trovai con due canzoni dei Radiohead in repertorio... ehi, pensai, me ne bastano altre tre e avrò in mano un disco!".  Ma perché proprio l'ukulele? "Non posso dire di saperlo davvero suonare, ed è questo che mi piace. Ma è uno strumento molto semplice da cui ho imparato molto: strimpellarlo mentre me ne vado in giro per il palco mi ha fatto pensare a quanta potenza, quanta energia possa sprigionare un aggeggio che mi è costato poche decine di dollari. Basta quello per suscitare una reazione estatica ed entusiasta. Alla gente interessa la canzone, l'emozione che trasmetti. Non lo strumento che usi. Suonare l'ukulele, per me, è un piacere puro. Il mio rapporto con il pianoforte è molto più controverso, è come se ci avessi lottato per tutta la vita. Non ho un'educazione classica, non mi esercito e in fondo non mi piace neppure suonarlo: è che sono una musicista, e ho bisogno di un veicolo per esprimermi. Un altro dei vantaggi di avere una band è che ora durante i concerti posso starmene davanti al microfono e abbandonare la tastiera quando voglio. Così mi diverto di più".


 
Col suo partner musicale precedente, Brian Viglione, continua intanto a suonare di tanto in tanto, resuscitando a sprazzi il marchio dei  Dresden Dolls. "Ci siamo ritrovati  a gennaio, in Australia, per un breve tour. I Dresden Dolls oggi sono un gruppo live che riprende a vivere quando io e Brian  decidiamo che è arrivato il tempo di suonare insieme. Ma un nuovo disco, al momento, non è nei programmi". E' la parola "programma", in fin dei conti, a non rientrare nel sistema di pensiero di Amanda. Non c'è una direzione pianificata, una visione artistica per il futuro? "Vorrei poter dire di sì ma non è così. Se mi mettessi a programmare quel che voglio fare da qui a un anno e mezzo finirei per incasinarmi.  Ho appena fatto un disco, e per un anno dovrò promuoverlo in tour. E' quello che desidero? No, vorrei che per magia tutto fosse già avvenuto e passare ad altro. Ogni artista, come  ogni essere umano, si trova sempre di fronte a un rebus, come trovare un punto di   equilibrio tra quel che ti diverti a fare e ciò che è necessario ma divertente non è.  Ho chiuso ogni rapporto tradizionale con l'industria discografica proprio perché non sopporto di sentirmi dire che cosa dovrei fare. Voglio fare quello che mi passa per la testa, e quello diventa un problema se sei legato a una major. Me ne sono andata  (dalla Roadrunner, gruppo Universal) per quello,  perché lì non potevo comportarmi come volevo. Non prendo decisioni pensando alla convenienza. Ma ho sempre saputo che se avessi continuato ad assecondare i miei desideri i fan ne sarebbero stati contenti. E' eccitante guardare qualcuno che fa esattamente ciò che vuole. Anche se si mette a fare cose strane come me".
 

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