In attesa che l'industria musicale europea (per non dire quella italiana) si decida a mostrare altrettanta trasparenza, il mercato statunitense offre un reportage aggiornato sulla guerra delle quote di mercato in atto tra le maggiori case discografiche: e informa che a dominare la stagione passata sono state la Universal di Doug Morris (prima tra le major distributrici con uno share del 27,6 %, 0,4 punti percentuali in meno dell'anno precedente) e la Columbia di Donnie Ienner (cui spetta invece il primato tra le etichette, 8,4 % di share, davanti ai due raggruppamenti principali di Universal, Interscope Geffen A&M e Island Def Jam, e alla Epic, consorella nella famiglia Sony Music).
Le performance di Columbia ed Epic, che hanno superato i 3 milioni di album venduti rispettivamente con Destiny's Child e Jennifer Lopez, hanno consentito alla Sony Music di conservare una quota di mercato di poco inferiore a quella dello scorso anno (16,9 %) e quasi di affiancare la BMG (17 %). La leader di mercato Universal Music ha invece avuto in Shaggy (4 milioni e mezzo di copie), nei Nickelback (etichetta Roadrunner, 2,6 milioni di copie) e nella colonna sonora di “O brother, where art thou?” (3,4 milioni di copie) i suoi pezzi forti dell'anno, contrastati sul finire di stagione dai best seller del catalogo Warner, Linkin Park, Enya e Staind (tutti sopra i 4 milioni di pezzi, vedi news): ciò che alla major americana non è tuttavia bastato per raddrizzare un anno finanziariamente in rosso, a dispetto dei progressi registrati (quasi un punto percentuale in più) in termini di market share (15,1 %).
Negativa, nonostante il secondo posto tra le major e per ammissione dei suoi stessi dirigenti, è stata la prestazione di BMG, che nel 2001 (a dispetto dei successi riscossi da 'N Sync, su etichetta Jive, da Alicia Keys, Dave Matthews e Creed, attuali mattatori delle classifiche, vedi news) ha perso più del 2 % in termini di market share accumulando nel contempo, secondo fonti ufficiose, 150 milioni di dollari di disavanzo. L'unico a poter sorridere, nella famiglia BMG, sarebbe l'ex boss della Arista Clive Davis, che ha portato la debuttante J Records a raccogliere quattro piazzamenti nelle Top Ten lanciando sul mercato mondiale la nuova stella dell'R&B Alicia Keys.
Sono migliorati, infine, a dispetto delle turbolenze, dei “profit warning” e degli scossoni subiti al vertice, i risultati della EMI, che nel mercato nordamericano ha da tempo il suo tallone d'Achille: grazie alla compilation “Now” (volumi 7 ed 8, su etichetta Virgin), a Janet Jackson (ancora Virgin) e alle “code” di vendita di “1” dei Beatles, la major britannica ha incrementato la sua market share dall'8,7 all'11,3 %.
Le performance di Columbia ed Epic, che hanno superato i 3 milioni di album venduti rispettivamente con Destiny's Child e Jennifer Lopez, hanno consentito alla Sony Music di conservare una quota di mercato di poco inferiore a quella dello scorso anno (16,9 %) e quasi di affiancare la BMG (17 %). La leader di mercato Universal Music ha invece avuto in Shaggy (4 milioni e mezzo di copie), nei Nickelback (etichetta Roadrunner, 2,6 milioni di copie) e nella colonna sonora di “O brother, where art thou?” (3,4 milioni di copie) i suoi pezzi forti dell'anno, contrastati sul finire di stagione dai best seller del catalogo Warner, Linkin Park, Enya e Staind (tutti sopra i 4 milioni di pezzi, vedi news): ciò che alla major americana non è tuttavia bastato per raddrizzare un anno finanziariamente in rosso, a dispetto dei progressi registrati (quasi un punto percentuale in più) in termini di market share (15,1 %).
Negativa, nonostante il secondo posto tra le major e per ammissione dei suoi stessi dirigenti, è stata la prestazione di BMG, che nel 2001 (a dispetto dei successi riscossi da 'N Sync, su etichetta Jive, da Alicia Keys, Dave Matthews e Creed, attuali mattatori delle classifiche, vedi news) ha perso più del 2 % in termini di market share accumulando nel contempo, secondo fonti ufficiose, 150 milioni di dollari di disavanzo. L'unico a poter sorridere, nella famiglia BMG, sarebbe l'ex boss della Arista Clive Davis, che ha portato la debuttante J Records a raccogliere quattro piazzamenti nelle Top Ten lanciando sul mercato mondiale la nuova stella dell'R&B Alicia Keys.
Sono migliorati, infine, a dispetto delle turbolenze, dei “profit warning” e degli scossoni subiti al vertice, i risultati della EMI, che nel mercato nordamericano ha da tempo il suo tallone d'Achille: grazie alla compilation “Now” (volumi 7 ed 8, su etichetta Virgin), a Janet Jackson (ancora Virgin) e alle “code” di vendita di “1” dei Beatles, la major britannica ha incrementato la sua market share dall'8,7 all'11,3 %.
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