
Dati ufficiosi pubblicati dal New York Post rivelano che dal suo debutto statunitense avvenuto nel luglio del 2011 ad oggi Spotify ha conquistato al di là dell'Atlantico 600 mila utenti a pagamento, la stessa cifra raccolta dal sorprendente Muve dell'operatore di telefonia mobile Cricket Wireless.
Molti o pochi? Il dibattito è aperto: alcuni esponenti dell'industria discografica sentiti dal quotidiano newyorkese ritengono poco soddisfacente il tasso di conversione dal servizio gratuito a quello a pagamento (20 per cento, gli utenti della piattaforma in Usa sono complessivamente 3 milioni), e indicano l'evoluzione del business nella madrepatria Svezia come pietra di paragone. Ma Glenn Peoples di Billboard osserva che i due mercati non sono perfettamente comparabili tra loro: quando Spotify ha esordito in Svezia nel 2009, in quel mercato i download digitali rappresentavano soltanto il 15 per cento del consumo globale di musica registrata; gli Stati Uniti, al contrario, sono un Paese con una forte propensione al download e nel 2011 i brani e gli album scaricati dalla rete valevano il 43 per cento del mercato. "Siamo stati i primi ad adottare l'iTunes Music Store nove anni fa", ricorda Peoples. "Abbiamo rifiutato Napster, Yahoo! Music Unlimited, Zune Pass e quasi ogni altro servizio che richiedeva ai consumatori di pagare l'accesso. Rhapsody ci ha messo quasi 10 anni a raggiungere 1 milione di abbonati. Se i servizi di abbonamento avessero vita facile (negli Usa), Rhapsody avrebbe milioni di abbonati, Napster sarebbe ancora un'impresa autosufficiente e Comes With Music di Nokia sarebbe stato un successo straordinario".
Una prospettiva di 1,2 milioni di abbonati a fine anno, assumendo che il tasso di crescita di Spotify prosegua a ritmo costante, rappresenta secondo Billboard un risultato più che lusinghiero negli Stati Uniti. Che poi la società svedese possa tener fede alle spavalde dichiarazioni del suo azionista Sean Parker, il quale ha recentemente predetto che in due anni Spotify scavalcherà iTunes come maggior contributore di reddito per l'industria discografica, è un altro discorso...