Royalty digitali, Beggars Group riconosce agli artisti il 50 % sullo streaming
I metodi di calcolo e l'ammontare delle royalty digitali rappresentano in questo momento uno dei maggiori motivi di conflitto all'interno del music business. Sia sul versante dei download (si vedano le numerose cause intentate negli Stati Uniti alle major discografiche) che su quello dello streaming (tanto da indurre gruppi come i Black Keys a mettere in discussione l'efficacia del modello di business e a non concedere il proprio repertorio a Spotify e altre piattaforme).
Stando a quanto rivelano alcuni addetti ai lavori, la tipica royalty artistica sui ricavi generati dallo streaming si aggira tra il 10 e il 15 per cento, una percentuale analoga cioè a quella che viene tradizionalmente riconosciuta sulla vendita dei cd. Ma in un'intervista a Music Week il direttore strategico del .Beggars Group Simon Wheeler ha spiegato che la casa discografica inglese cui fanno capo etichette come Rough Trade, 4AD, Matador e XL Recordings (che pubblica i dischi di Adele) ha deciso di riconoscere ai propri artisti una royalty pari al 50 per cento, considerando i loro diritti sullo streaming alla stregua della cessione di una licenza ex novo.
"Quando si è trattato di prendere in considerazione i modelli di streaming abbiamo pensato che la spartizione al 50 per cento dei ricavi generati dalle licenze era la cosa giusta da fare", ha spiegato Wheeler. Se altre etichette seguissero l'esempio del Beggars Group, ha aggiunto, gli artisti potrebbero ricavare "due o tre volte" il gettito di denaro che incassano attualmente.