Musica sotto torchio, l’IVA al 20 per cento: aumenterà il prezzo dei dischi

Altro che promozione delle attività musicali e incentivi fiscali all’acquisto dei dischi, tormentone ricorrente di tutti i convegni, gli studi e le tavole rotonde che da anni si succedono con l’obiettivo di individuare una qualche via d’uscita alla crisi di vendite che colpisce il mercato discografico.
Al contrario, nastri e CD sono tra le vittime sacrificali della manovra finanziaria 1998 varata sabato notte dal governo Prodi: da domani, 1° ottobre, l’ IVA sui prodotti musicali, invece di ridursi come auspicato da tutti gli operatori del settore, salirà dall’attuale 16 per cento al 20 per cento, cioè all’aliquota massima prevista dalla legge; una sorte analoga colpisce videocassette, abiti e calzature, vino, pelli e prodotti per l’edilizia. Una vera doccia fredda per i consumatori di musica, che da tempo si lamentano per il prezzo troppo alto dei CD, e per le stesse case discografiche, che della riduzione dell’IVA hanno fatto uno dei punti fermi della loro battaglia per il riconoscimento del valore culturale della musica registrata. Mentre su altri prodotti culturali come i libri continua a gravare l’imposta minima del 4 per cento, l’incremento di 4 punti percentuali dell’IVA è destinato a trasferirsi automaticamente sui prezzi al pubblico dei CD, in una misura che potrebbe oscillare fra le 1.500 e le 2.000 lire. Il provvedimento governativo ha subito smorzato gli entusiasmi di chi aveva visto nelle dichiarazioni del vice presidente del Consiglio Walter Veltroni e nel nuovo disegno di legge sulle attività musicali il segnale positivo di un nuovo atteggiamento delle istituzioni politiche nei confronti del mondo musicale. E infatti le prime reazioni non si sono fatte attendere: tanto l’associazione dei discografici Afi che la multinazionale BMG, nella persona del suo consigliere delegato Franco Reali, hanno affidato a un comunicato stampa il compito di esprimere il loro disappunto per l’iniziativa, mentre già le associazioni di categoria dei commercianti annunciano azioni di protesta. Ma non c’è molto da sperare, anche se naturalmente il progetto di legge dovrà essere approvato dalla Camere per diventare definitivo: ancora una volta, la lobby musicale si è dimostrata poco influente a livello politico e non saranno certo le proteste di qualche discografico o rivenditore di dischi a rimettere in discussione i contenuti di una legge finanziaria. E Veltroni che farà: indirà un altro incontro con i cantautori? .