Indietro tutta (o quasi), i Nomadi rifanno i conti col passato. "Cuorevivo", primo disco da indipendenti dopo la fine del contratto con la Warner, rivisita e aggiorna i loro anni Sessanta e Settanta, quando al timone del gruppo, accanto a Beppe Carletti, c'era l'indimenticato Augusto Daolio. Chi bramava materiale nuovo si metta il cuore in pace (e si accontenti dei due inediti inclusi in scaletta); gli altri possono rinfrescarsi piacevolmente la memoria o scoprire canzoni che il tempo e le circostanze hanno relegato (quasi tutte) in seconda linea. "Qualcuna, da qualche mese, abbiamo cominciato a riproporla in concerto. Il pubblico ha mostrato di gradire. E allora, ci siamo detti, perché non inciderle di nuovo?". Carletti, bandleader e unico legame tra lo ieri e l'oggi della band, spiega così la voglia di voltarsi indietro: "Abbiamo un repertorio di oltre trecento canzoni, un patrimonio che vale la pena di recuperare. Chi si è avvicinato ai Nomadi di recente certi pezzi non li aveva mai sentiti, lo stesso vale per alcuni dei musicisti che oggi suonano con me. Fargli interpretare quelle vecchie cose mi è sembrato un bel modo per farli entrare nella storia del gruppo. Senza voler mettere in competizione i Nomadi di allora con quelli di oggi, ci mancherebbe: sarebbe poco rispettoso nei loro confronti e di chi non c'è più". Primo problema: cosa scegliere, in un catalogo così sterminato? "I criteri sono stati diversi. Uno dei principali era l'attualità dei testi: le parole di 'Mamma giustizia', de 'La storia' o di 'Noi', una delle nostre collaborazioni con Francesco Guccini, mi sembravano ancora molto significative. E poi volevo che Danilo (Sacco, il cantante del gruppo) si sentisse a suo agio nel ricantare i pezzi". Casuale che i titoli coprano esattamente un decennio, 1967-1977? "No, niente affatto. E' una scelta voluta. In quel periodo si verificò la fine del 45 giri e la sua graduale sostituzione con il 33, con l'Lp. A fine '77, inizi '78 registrammo con Guccini 'Album concerto'. E da quel periodo storico abbiamo ripreso le nostre canzoni più carbonare". Il giovane Guccini del '67 firma anche la celebre traduzione di "Death of a clown" dei Kinks, da lui trasformata in "Un figlio dei fiori non pensa al domani". Ovvero in inno flower power all'italiana: attuale anche quello? "Qualcuno potrebbe considerarlo un testo datato, lo so. Troppo legato a un'epoca passata.Ma io credo che il movimento pacifista di quel periodo, benché durato troppo poco, abbia ancora qualcosa da insegnarci. Qualcuno potrà sorridere, ad ascoltare quel pezzo, ma qualcun altro potrà riflettere. L'abbiamo rimodernata con un arrangiamento più rock rispetto all'originale, anche 'Noi' è stata rinfrescata con un bel riff di chitarra". Ai tempi, i meno giovani lo ricorderanno, "Un figlio dei fiori" ebbe problemi di censura radiotelevisiva..."Sì, arrivavamo da una canzone come 'Dio è morto' che aveva innescato un sacco di polemiche e tutto quello che cantavamo veniva scrutato con la lente di ingrandimento. Soltanto Renzo Arbore ci passava in radio. E in quel caso fu la parola paradiso a turbare i censori..." ride Carletti. Che si mostra pronto a parare le critiche di chi lo accuserà di guardarsi troppo indietro, forse per mascherare un inaridimento creativo (solo lo scorso autunno la band aveva pubblicato un disco di cover, "RaccontiRaccolti"). "Ben vengano le critiche, servono a migliorare. Ma io so come stanno realmente le cose: che senso ha pubblicare inediti tanto per fare? Abbiamo appena fatto un disco di cover, è vero. E stavolta ci è sembrato utile e divertente reinterpretare noi stessi. Quel che posso dire è che 'Cuorevivo' è un prodotto fresco. Un disco sicuramente 'nomade', e in linea con la nostra produzione. Non saremo dei mostri, tecnicamente parlando, ma sappiamo suonare di tutto, passando da pezzi di impegno sociale alla canzone d'amore: ed è un bel salto". E i due inediti, "Toccami il cuore" e "Cosa cerchi da te"?: "Sono pezzi nuovissimi, nati a cavallo tra la fine dell'anno scorso e l'inizio del 2011. Brani 'Nomadi', anche questi. C'è la firma di Lorella Cerquetti. con cui collaboro dagli anni Novanta: con lei mi trovo molto bene, scrive parole bellissime. Insieme cerchiamo di affrontare tematiche nuove. Noi musicisti siamo come menestrelli del nostro tempo, si canta quel che si vede in giro e l'aria che si respira. Non ha senso ripetersi, personaggi come Chico Mendes e Salvador Allende, che abbiamo cantato in passato, in giro non ci sono più". Resta il fatto che il disco, dedicato a fan e fan club elencati uno per uno nelle note di copertina ("Sono una costola dei Nomadi, e il nostro vanto. Gente che si incontra non solo per venire insieme ai concerti ma per organizzare operazioni umanitarie") ha il baricentro spostato altrove, tra un Mogol-Lavezzi datato 1971 ("Non dimenticarti di me") e riprese da antichi album "concept" come "Noi ci saremo" ("La storia"). C'entra anche la voglia di stilare un bilancio esistenziale e professionale? "Forse, del resto questo è un periodo particolare per chi fa musica. Forse ci stiamo davvero avvicinando alla fine del cd". Ed ecco che i Nomadi si mettono in proprio, con l'etichetta Segnali Caotici. Come negli anni Ottanta...."Ma la situazione è molto diversa. Allora fummo costretti a farlo, nessuno ci voleva più. Durò sette o otto anni, dal 1982/83 al 1990. Stavolta l'abbiamo voluto noi, anche se i rapporti con Warner sono sempre stati cordiali e ci hanno sempre lasciato liberi, Oggi, che di dischi se ne vendono sempre meno, le case discografiche sono sempre meno promotori e sempre più distributori. Tanto valeva staccare il cordone ombelicale e mettersi in proprio, collaborando con persone fidate: per questo abbiamo scelto la Artist First di Claudio Ferrante, un amico e una persona che stimo molto. Mi diverte trattare direttamente con i giornalisti, decidere quante copie stampare... E' una cosa impegnativa, difficile ed eccitante. Non abbiamo più niente da dimostrare ma l'idea di rimettermi in gioco è un bello stimolo. Dopo quasi cinquant'anni di carriera mi sembra di avere ancora tanto da imparare".