“Il fatto è che ho davvero due anime: ho iniziato a suonare la chitarra rifacendomi allo stile dei cantautori come Bob Dylan o Neil Young. Poi però sono stato letteralmente fulminato da Jobim e dai ritmi della bossanova,” spiega Sanfilippo che aggiunge, “dal punto di vista compositivo per me Jobim è come Mozart, è una fonte inesauribile di ispirazione. La sua musica mi ha aperto nuovi orizzonti".
Una doppia anima, quella di Sanfilippo, che nel suo disco si incarna in tredici canzoni che dalle atmosfere brasiliane di un brano come “Festa mobile” passano alle sonorità da ballad americana (con tanto di dobro e armonica) di "Due ragazzi". Ma ci sono anche pezzi in cui è più evidente la ricerca di un percorso musicale autonomo, che porta il jazz della chitarra acustica a incontrare la musica elettronica.
Tra l'altro, Sanfilippo si autoproduce (“per portare avanti una ricerca artistica personale, anche se magari non popolare”), in apparente contrasto con il fatto che ha scritto anche alcune canzoni per Sanremo: “Ma quella è stata un'occasione per guadagnare qualcosa come autore, non certo per fare la mia musica. In generale però mi piace lavorare per altri musicisti quando trovo con loro un terreno comune, una sensibilità affine, come è stato con Eugenio Finardi o Cristiano De André”.