
Difficile capire quanto possano pesare le dichiarazioni e le azioni contrastanti delle major sulle sorti del video streaming musicale, da alcuni invocato come percorso interessante di valorizzazione del catalogo grazie alle inserzioni pubblicitarie, come nel caso di EMI, da altri bollato come nocivo per l’industria, come nel caso di Edgar Bronfman Jr di Warner. Dagli Stati Uniti e dal comparto hi-tech arrivano in tal senso segnali contrastanti.
Uno di segno decisamente negativo è stato appena emesso da Veoh, servizio di video hosting, ora ufficialmente in bancarotta dopo vani tentativi di reperire finanziamenti e/o di vendere la società a nuovi investitori. La società di San Diego aveva cominciato mesi fa a licenziare personale per difficoltà nell’applicazione del modello di business originale (molto focalizzato sullo User Generated Content), nonostante avesse raccolto ben 70 milioni di dollari di capitale (tra i soci: Time Warner, Goldman Sachs, Intel Capital, Spark Capital e Michael Eisner, ex CEO di Disney).
Uno di segno positivo è stato invece emesso da Encoding.com, una società specializzata nei servizi di codificazione e compressione video, che ha chiuso un piccolo round di finanziamento da 1,25 milioni di dollari grazie all’intervento nel capitale da parte di Metamorphic Ventures, oltre che di Patrick Condon, Fred Hamilton, Zelkova Ventures, Dave Morgan, e Allen Morgan. La società è stata fondata nel 2008 a San Francisco ed offre un servizio di encoding basato su ‘cloud’, rivolto a tutti i siti che ospitino video, sia esso di natura UGC o ufficiale e licenziato. La capacità produttiva di Encoding.com è di 30.000 video al giorno; la produzione smaltita fino ad oggi per clienti come MTV Networks, Nokia e MySpace è stata di 4 milioni di video.