Neil Young - la recensione di "The Visitor"

Pubblicato in contemporanea con lâarrivo online del ricchissimo archivio, âThe visitorâ Ăš il diciassettesimo album di Neil Young nel terzo millennio. Il canadese continua a mettere in gioco il suo talento con generositĂ , ma in modo disordinato, passando dal latin rock a Broadway, da echi di âHarvest moonâ al rock-blues. Con unâidea in testa: lâAmerica sta distruggendo se stessa.
Che pensare di un disco in cui una delle canzoni migliori, che sâintitola âAlmost alwaysâ e che potrebbe farvi venire il magone fin dallâattacco di armonica a bocca, sembra una variazione di âFrom Hank to Hendrixâ e âUnknown legendâ di venticinque anni fa? Di canzoni che raccontano questâepoca confusa e complessa usando slogan da manifestazione? Di un album che contiene una carnevalata latineggiante lunga otto minuti e un rock-blues elementare e un pezzo che sembra pronto per un musical? Di testi in cui si attacca Trump usando il suo stesso vocabolario (âLock him up!â)? Di un lavoro in cui Neil Young qua e lĂ camuffa la voce?